24 agosto 2016

Cavalieri di Madripoor

Uncanny X-Men #286 «Madripoor, tarda estate 1941...»

Così inizia la nostra storia preferita del frenetico periodo Claremont/Lee sulla testata mutante ammiraglia; scelta imperativa visto il cocktail esplosivo di violenza, atmosfere pulp, una buona dose di machismo neanche troppo tossico, nazisti monodimensionali e ninja sovrannaturali.

In quegli anni gli X-Men, intesi come gruppo, erano totalmente allo sbando e su Uncanny venivano narrate le vicende dei singoli mutanti sparsi in differenti località del globo, alle prese con una nuova vita. Secondo le idee originali di Claremont, sarebbe spettato a Wolverine, Jubilee e Psylocke rimettere in piedi la squadra e ritrovare i compagni, dopo la scomparsa di questi all'interno del Seggio Periglioso per evitare l'agguato mortale dei Reaver in Australia [ndr: vicende accadute in originale su Uncanny X-Men #251 e da noi su Gli Incredibili X-Men #41].

Questo numero in particolare ci porta a Madripoor, isola fittizia del sud-est asiatico, una specie di Singapore futuristica, mostrandoci il primo incontro tra un giovane, inesperto Steve Rogers e un vivace Logan pre-adamantio, qui in veste di sprezzante canaglia dal cuore d'oro – un antieroe vecchio stampo di quelli che tanto piacciono a Claremont, tant'è che il suo abbigliamento rende omaggio a un famoso archeologo del cinema d'avventura, che a sua volta si rifà ai personaggi iconici portati sul grande schermo da Humphrey Bogart e Charlton Heston.


Dobbs, Indiana Jones, Logan
Vedere alla voce: "INSTANT CLASSIC"

Madripoor Knights, pubblicata in originale nel settembre del 1990, si sviluppa su due linee temporali: quella presente con Wolverine, Psylocke e Jubilee, già in Asia da alcuni numeri di Uncanny X-Men e quella del secondo conflitto mondiale; a fare da trait d'union tra le due epoche è il legame affettivo tra Natasha Romanoff aka la Vedova Nera e il buon vecchio Logan. Nel 1941 Cap non è ancora la laggenda del cazzotto a Hitler e il nostro irsuto canadese preferito è un semplice attaccabrighe da bar – i due, così diversi nel modo di agire, uniscono le forze per salvare la piccola Natalia Romanova, nome originale della Vedova, dalla setta di ninja occulti della Mano.

Quarantanove anni dopo troviamo una situazione molto simile: nei bassifondi di Madripoor un'adulta Natasha Romanoff si scontra coi viscidi genin della Mano mentre indaga su una possibile connessione tra i Fenris e Matsu'o Tsurayaba per conto di Nick Fury; messa alle strette, ferita e fieramente pronta a una morte violenta, viene invece tratta in salvo dai tre X-Men sopracitati che annientano gli assalitori col solito fare spettacolare. Divertente notare come gli sgherri della Mano, visti per la prima volta sulle pagine di Daredevil #174 a opera di Frank Miller, una volta abbattuti hanno la peculiarità di dissolversi in melma putrescente, come ci ricorda Claremont attraverso i commenti dell'irriverente Jubilee.


Uncanny X-Men #268
Tanto per alimentare le dicerie che una volta morti gli asiatici spariscono

Dopo tandem leggendari con John Byrne, John Romita Jr. e Marc Silvestri, la densa prosa dello scrittore britannico cementa il sodalizio con le matite di un Jim Lee sempre più libero dalle ingrombranti influenze del sopracitato Miller e di Neal Adams; l'artista sudcoreano è qui padrone assoluto degli ipercinetici layout, coadiuvato dal fedele Scott Williams alle chine. Impreziosiscono le tavole i retini utilizzati per dare spessore alla tuta griga della Vedova e gli innumerevoli dettagli inseriti da Lee, quasi a rendere le vingette dei set cinematografici.

Tornando alla Madripoor del 1941 scopriamo che un gruppo di nazisti guidati dal Barone von Strucker tiene prigioniera la piccola sovietica. Gira male per i buoni: Logan viene dato per morto dopo un nobile gesto di estrazione non proprio furtivo e Steve Rogers, da buon ragazzone smaliziato e boccalone qual è, si dirige al consolato U.S.A. finendo direttamente in trappola e riconsegnando la futura Vedova Nera alle grinfie nemiche. I funzionari americani sono infatti in combutta col Reich, a sua volta alleato della Mano.


Uncanny X-Men #268
Al posto di una sibilante frusta dei solidi bastoni in rattan filippino

Quando il jonin della Mano dà inizio al mistico rituale atto a rendere la giovane Natasha una micidiale assassina da controllare a piacimento, spetta ovviamente al redivivo Logan salvare baracca e burattini sul finale di questo rocambolesco primo incontro cronologico tra Wolverine, Capitan America e la Vedova Nera; esaltante operazione flashback, apripista per tantissime storie che sfrutteranno la stessa struttura.


UPDATE: potete leggere Cavalieri di Madripoor in italiano recuperando Gli Incredibili X-Men #45 di Star Comics, in formato ridotto su I Classici del Fumetto di Repubblica #12 oppure sul gigantesco X-Men by Chris Claremont & Jim Lee Omnibus Vol. 1, appena rilasciato da Panini Comics (che ricordiamo non ci paga) contenente i volumi Uncanny X-Men #244-269, X-Men Annual #13 e Classic X-Men #39; oltre a Claremont e Lee presenti anche Marc Silvestri, Ann Nocenti, Terry Austin, Rick Leonardi, Rob Liefeld, Scott Williams e Whilce Portacio.



X-MEN OMNIBUS 1
di Chris Claremont, Jim Lee, Marc Silvestri


Lingua: Italiano
Cartonato: 720 pagine
Prezzo: € 77.00
Editore: Panini Comics

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2 marzo 2016

Wolverine di Frank Miller


Illustrazione di Frank Miller e Joe Rubinstein (cliccare sull'immagine per ingrandirla).

Dettaglio di una tavola dalla seconda pagina di Wolverine #1 del 1982. Claremont ai testi, Miller alle matite e Rubinstein alle chine.



WOLVERINE
di Chris Claremont, Frank Miller


Lingua: Inglese
Copertina rigida: 144 pagine
Prezzo: € 18.00
Editore: Marvel Comics

Storie contenute:
Wolverine #1-4 (1982)

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15 febbraio 2016

Deadpool — Recensione

Attenzione: la seguente recensione contiene spoiler, nonché il faccione di Rob Liefeld in chiusura.



Deadpool: un film d'amore più convincente di The Notebook

Wade Wilson è un ex-berretto verde reinventatosi mercenario pronto ad accettare qualsiasi incarico, anche salvare una teenager dal suo stalker coi capelli unti. La sera si trastulla in un bar che ricorda un set di Shameless frequentato da assassini e altri professionisti del settore. Tra un bicchierino e una scazzottata, Wade incontra la frizzante prostituta Vanessa; i due si innamorano perdutamente, vivono un anno di intensa passione, citazioni sulla cultura pop e risatine sceme: decidono quindi di sposarsi.

Non fosse che dopo l'ennesimo sospiro d'amore Wade stramazza al suolo, va dal medico e scopre di avere un cancro terminale — fine del sogno. Per sfuggire alla nera mietitrice, il bel mercenario accetta quindi la proposta del solito tipo poco raccomandabile e si sottopone a un esperimento loschissimo da ricerca sul deep web che gli conferisce un fattore rigenerante ma lo lascia terribilmente sfigurato e consapevole che non potrà più vivere una vita normale con la sua amata.



Chiappe d'acciaio, ne voglio un paio

Quella che avete appena letto è la simpatica premessa di Deadpool — pellicola con un arco narrativo semplicissimo farcito di gag a sfondo sessuale, battutine spinte e tanti arti smembrati a giustificare l'assegnazione della lettera R dell'infame sistema di valutazione filmico americano (solo per ragazzini accompagnati da un adulto e per adulti con l'umorismo di un ragazzino). L'estremamente tenace Ryan Reynolds si è battuto diversi anni per portare in sala una versione fedele al Deadpool dei fumetti, sfondamento della quarta parete compreso, riuscendo finalmente nell'impresa grazie anche al promettente regista/supervisore agli effetti speciali Tim Miller, qui al suo primo lungometraggio.

Va però sottolineato che parolacce, sangue, qualche culo e tutte quelle situazioni impossibili da inserire in altri film Marvel perché troppo forti per il target di riferimento, non sono gli ingredienti che mettono Deadpool su un piano più alto rispetto a un moderno cinecomic qualsiasi, ma fungono da vero e proprio traino ad una storia che nell'estrema linearità trova il suo punto di forza.

Funziona bene il resto del cast formato da un meraviglioso Piotr Rasputin aka Colosso, realizzato interamente in CGI — le scene più divertenti del film sono proprio quelle che lo vedono coinvolto; Blind Al, coriacea vecchietta e coinquilina del Nostro; Dopinder, fedele tassista impacciato; Angel Dust, possente esecutrice dalla pizza facile e Ajax, nemico finale col nome di battesimo ridicolo. Piacevole la presenza di un personaggio minore pescato direttamente dalle pagine degli X-Men di Morrison e Quitely: la spigolosa adolescente Testata Mutante Negasonica. Nota di merito al reparto costumi per il lavoro egregio fatto sul completino scarlatto del protagonista, curato in ogni dettaglio, occhi bianchi compresi, e sull'uniforme classica nero-gialla degli studenti di Xavier.



Daddy is super proud

In definitiva, Deadpool è una bella e genuina storia d'amore, come lo è quella tra Reynolds e il Merc with a Mouth creato da Rob Liefeld e Fabian Nicieza nel 1991. Una produzione solida su tutti i fronti, con il cameo di Stan Lee più azzeccato (qui in veste di maestro di cerimonie in uno strip club) e una divertente scena post-titoli di coda, omaggio a Una pazza giornata di vacanza. Il timido budget di 58 milioni di dollari ha permesso quell'auotonomia che serviva a un progetto così borderline e i risultati enormi al botteghino sembrano apprezzarne lo sforzo mettendo un sequel in cantiere. Ora che il vaso di Pandora è stato scoperchiato siamo curiosi di sapere se Deadpool farà da apripista a un filone di cinefumetti un pelino più coraggiosi e meno posticci.



DEADPOOL — Diretto da Tim Miller; sceneggiatura di Rhett Reese e Paul Wernick basata su "Deadpool" di Fabian Nicieza e Rob Liefeld; fotografia: Ken Seng; montaggio: Julian Clarke; musica: Tom Holkenborg; prodotto da Simon Kinberg, Ryan Reynolds e Lauren Shuler Donner; distribuito da 20th Century Fox

Durata: 108 minuti

Con: Ryan Reynolds (Wade Wilson/Deadpool), Morena Baccarin (Vanessa), Ed Skrein (Francis Freeman/Ajax), T. J. Miller (Weasel), Gina Carano (Angel Dust), Brianna Hildebrand (Testata Mutante Negasonica), Stefan Kapičić, Andre Tricoteux, T. J. Storm, Greg LaSalle e Glenn Ennis (Piotr Rasputin/Colosso), Leslie Uggams (Blind Al)

6 gennaio 2016

X-Men: Danger Room Protocols — Tanto amore per i pixel e lo spandex

X-Men: Danger Room Protocols è una serie fan-made interamente prodotta dall'animatore e art director canadese Joel Furtado. Un bellissimo tributo agli X-Men degli anni '90, in particolare alla famosa serie animata e ai picchiaduro Capcom. La qualità è elevata: modelli digitali processati in cel shading, ai quali sono applicate delle texture che simulano l'estetica di un videogioco arcade dell'epoca.

Un progetto che vanta ben 18 episodi, visionabili a breve sul canale Youtube di Furtado. Vediamo quanto resiste prima che gli avvocati della Marvel se ne accorgano. Qui maggiori dettagli sulla serie con una breve intervista al creatore.

UPDATE: come previsto, la Marvel ha tuonato e la seria è stata fermata sul nascere.