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24 agosto 2016

Cavalieri di Madripoor

Uncanny X-Men #286 «Madripoor, tarda estate 1941...»

Così inizia la nostra storia preferita del frenetico periodo Claremont/Lee sulla testata mutante ammiraglia; scelta imperativa visto il cocktail esplosivo di violenza, atmosfere pulp, una buona dose di machismo neanche troppo tossico, nazisti monodimensionali e ninja sovrannaturali.

In quegli anni gli X-Men, intesi come gruppo, erano totalmente allo sbando e su Uncanny venivano narrate le vicende dei singoli mutanti sparsi in differenti località del globo, alle prese con una nuova vita. Secondo le idee originali di Claremont, sarebbe spettato a Wolverine, Jubilee e Psylocke rimettere in piedi la squadra e ritrovare i compagni, dopo la scomparsa di questi all'interno del Seggio Periglioso per evitare l'agguato mortale dei Reaver in Australia [ndr: vicende accadute in originale su Uncanny X-Men #251 e da noi su Gli Incredibili X-Men #41].

Questo numero in particolare ci porta a Madripoor, isola fittizia del sud-est asiatico, una specie di Singapore futuristica, mostrandoci il primo incontro tra un giovane, inesperto Steve Rogers e un vivace Logan pre-adamantio, qui in veste di sprezzante canaglia dal cuore d'oro – un antieroe vecchio stampo di quelli che tanto piacciono a Claremont, tant'è che il suo abbigliamento rende omaggio a un famoso archeologo del cinema d'avventura, che a sua volta si rifà ai personaggi iconici portati sul grande schermo da Humphrey Bogart e Charlton Heston.


Dobbs, Indiana Jones, Logan
Vedere alla voce: "INSTANT CLASSIC"

Madripoor Knights, pubblicata in originale nel settembre del 1990, si sviluppa su due linee temporali: quella presente con Wolverine, Psylocke e Jubilee, già in Asia da alcuni numeri di Uncanny X-Men e quella del secondo conflitto mondiale; a fare da trait d'union tra le due epoche è il legame affettivo tra Natasha Romanoff aka la Vedova Nera e il buon vecchio Logan. Nel 1941 Cap non è ancora la laggenda del cazzotto a Hitler e il nostro irsuto canadese preferito è un semplice attaccabrighe da bar – i due, così diversi nel modo di agire, uniscono le forze per salvare la piccola Natalia Romanova, nome originale della Vedova, dalla setta di ninja occulti della Mano.

Quarantanove anni dopo troviamo una situazione molto simile: nei bassifondi di Madripoor un'adulta Natasha Romanoff si scontra coi viscidi genin della Mano mentre indaga su una possibile connessione tra i Fenris e Matsu'o Tsurayaba per conto di Nick Fury; messa alle strette, ferita e fieramente pronta a una morte violenta, viene invece tratta in salvo dai tre X-Men sopracitati che annientano gli assalitori col solito fare spettacolare. Divertente notare come gli sgherri della Mano, visti per la prima volta sulle pagine di Daredevil #174 a opera di Frank Miller, una volta abbattuti hanno la peculiarità di dissolversi in melma putrescente, come ci ricorda Claremont attraverso i commenti dell'irriverente Jubilee.


Uncanny X-Men #268
Tanto per alimentare le dicerie che una volta morti gli asiatici spariscono

Dopo tandem leggendari con John Byrne, John Romita Jr. e Marc Silvestri, la densa prosa dello scrittore britannico cementa il sodalizio con le matite di un Jim Lee sempre più libero dalle ingrombranti influenze del sopracitato Miller e di Neal Adams; l'artista sudcoreano è qui padrone assoluto degli ipercinetici layout, coadiuvato dal fedele Scott Williams alle chine. Impreziosiscono le tavole i retini utilizzati per dare spessore alla tuta griga della Vedova e gli innumerevoli dettagli inseriti da Lee, quasi a rendere le vingette dei set cinematografici.

Tornando alla Madripoor del 1941 scopriamo che un gruppo di nazisti guidati dal Barone von Strucker tiene prigioniera la piccola sovietica. Gira male per i buoni: Logan viene dato per morto dopo un nobile gesto di estrazione non proprio furtivo e Steve Rogers, da buon ragazzone smaliziato e boccalone qual è, si dirige al consolato U.S.A. finendo direttamente in trappola e riconsegnando la futura Vedova Nera alle grinfie nemiche. I funzionari americani sono infatti in combutta col Reich, a sua volta alleato della Mano.


Uncanny X-Men #268
Al posto di una sibilante frusta dei solidi bastoni in rattan filippino

Quando il jonin della Mano dà inizio al mistico rituale atto a rendere la giovane Natasha una micidiale assassina da controllare a piacimento, spetta ovviamente al redivivo Logan salvare baracca e burattini sul finale di questo rocambolesco primo incontro cronologico tra Wolverine, Capitan America e la Vedova Nera; esaltante operazione flashback, apripista per tantissime storie che sfrutteranno la stessa struttura.


UPDATE: potete leggere Cavalieri di Madripoor in italiano recuperando Gli Incredibili X-Men #45 di Star Comics, in formato ridotto su I Classici del Fumetto di Repubblica #12 oppure sul gigantesco X-Men by Chris Claremont & Jim Lee Omnibus Vol. 1, appena rilasciato da Panini Comics (che ricordiamo non ci paga) contenente i volumi Uncanny X-Men #244-269, X-Men Annual #13 e Classic X-Men #39; oltre a Claremont e Lee presenti anche Marc Silvestri, Ann Nocenti, Terry Austin, Rick Leonardi, Rob Liefeld, Scott Williams e Whilce Portacio.



X-MEN OMNIBUS 1
di Chris Claremont, Jim Lee, Marc Silvestri


Lingua: Italiano
Cartonato: 720 pagine
Prezzo: € 77.00
Editore: Panini Comics

COMPRA SU AMAZON

15 febbraio 2016

Deadpool — Recensione

Attenzione: la seguente recensione contiene spoiler, nonché il faccione di Rob Liefeld in chiusura.



Deadpool: un film d'amore più convincente di The Notebook

Wade Wilson è un ex-berretto verde reinventatosi mercenario pronto ad accettare qualsiasi incarico, anche salvare una teenager dal suo stalker coi capelli unti. La sera si trastulla in un bar che ricorda un set di Shameless frequentato da assassini e altri professionisti del settore. Tra un bicchierino e una scazzottata, Wade incontra la frizzante prostituta Vanessa; i due si innamorano perdutamente, vivono un anno di intensa passione, citazioni sulla cultura pop e risatine sceme: decidono quindi di sposarsi.

Non fosse che dopo l'ennesimo sospiro d'amore Wade stramazza al suolo, va dal medico e scopre di avere un cancro terminale — fine del sogno. Per sfuggire alla nera mietitrice, il bel mercenario accetta quindi la proposta del solito tipo poco raccomandabile e si sottopone a un esperimento loschissimo da ricerca sul deep web che gli conferisce un fattore rigenerante ma lo lascia terribilmente sfigurato e consapevole che non potrà più vivere una vita normale con la sua amata.



Chiappe d'acciaio, ne voglio un paio

Quella che avete appena letto è la simpatica premessa di Deadpool — pellicola con un arco narrativo semplicissimo farcito di gag a sfondo sessuale, battutine spinte e tanti arti smembrati a giustificare l'assegnazione della lettera R dell'infame sistema di valutazione filmico americano (solo per ragazzini accompagnati da un adulto e per adulti con l'umorismo di un ragazzino). L'estremamente tenace Ryan Reynolds si è battuto diversi anni per portare in sala una versione fedele al Deadpool dei fumetti, sfondamento della quarta parete compreso, riuscendo finalmente nell'impresa grazie anche al promettente regista/supervisore agli effetti speciali Tim Miller, qui al suo primo lungometraggio.

Va però sottolineato che parolacce, sangue, qualche culo e tutte quelle situazioni impossibili da inserire in altri film Marvel perché troppo forti per il target di riferimento, non sono gli ingredienti che mettono Deadpool su un piano più alto rispetto a un moderno cinecomic qualsiasi, ma fungono da vero e proprio traino ad una storia che nell'estrema linearità trova il suo punto di forza.

Funziona bene il resto del cast formato da un meraviglioso Piotr Rasputin aka Colosso, realizzato interamente in CGI — le scene più divertenti del film sono proprio quelle che lo vedono coinvolto; Blind Al, coriacea vecchietta e coinquilina del Nostro; Dopinder, fedele tassista impacciato; Angel Dust, possente esecutrice dalla pizza facile e Ajax, nemico finale col nome di battesimo ridicolo. Piacevole la presenza di un personaggio minore pescato direttamente dalle pagine degli X-Men di Morrison e Quitely: la spigolosa adolescente Testata Mutante Negasonica. Nota di merito al reparto costumi per il lavoro egregio fatto sul completino scarlatto del protagonista, curato in ogni dettaglio, occhi bianchi compresi, e sull'uniforme classica nero-gialla degli studenti di Xavier.



Daddy is super proud

In definitiva, Deadpool è una bella e genuina storia d'amore, come lo è quella tra Reynolds e il Merc with a Mouth creato da Rob Liefeld e Fabian Nicieza nel 1991. Una produzione solida su tutti i fronti, con il cameo di Stan Lee più azzeccato (qui in veste di maestro di cerimonie in uno strip club) e una divertente scena post-titoli di coda, omaggio a Una pazza giornata di vacanza. Il timido budget di 58 milioni di dollari ha permesso quell'auotonomia che serviva a un progetto così borderline e i risultati enormi al botteghino sembrano apprezzarne lo sforzo mettendo un sequel in cantiere. Ora che il vaso di Pandora è stato scoperchiato siamo curiosi di sapere se Deadpool farà da apripista a un filone di cinefumetti un pelino più coraggiosi e meno posticci.



DEADPOOL — Diretto da Tim Miller; sceneggiatura di Rhett Reese e Paul Wernick basata su "Deadpool" di Fabian Nicieza e Rob Liefeld; fotografia: Ken Seng; montaggio: Julian Clarke; musica: Tom Holkenborg; prodotto da Simon Kinberg, Ryan Reynolds e Lauren Shuler Donner; distribuito da 20th Century Fox

Durata: 108 minuti

Con: Ryan Reynolds (Wade Wilson/Deadpool), Morena Baccarin (Vanessa), Ed Skrein (Francis Freeman/Ajax), T. J. Miller (Weasel), Gina Carano (Angel Dust), Brianna Hildebrand (Testata Mutante Negasonica), Stefan Kapičić, Andre Tricoteux, T. J. Storm, Greg LaSalle e Glenn Ennis (Piotr Rasputin/Colosso), Leslie Uggams (Blind Al)

24 maggio 2014

X-Men: Days of Future Past — Recensione

Attenzione: occhio agli spoiler.

Dopo l'abbandono inaspettato di Matthew Vaughn, torna in cabina di regia Bryan Singer assieme a un cast stellare formato da veterani e giovani promesse. Migliaia di essere umani, donne e uomini senza distinzione, ancora si curano l'orchite per il soporifero Superman Returns e il ritorno di Singer viene accolto tiepidamente. Affidato allo sceneggiatore Simon Kinberg l'infausto compito di creare una continuità coerente tra la nuova e la vecchia guardia e di rimediare a quel passo parecchio falso di X-Men: The Last Stand senza ripiegare in facili reboot. Il rischio di mandare tutto in vacca è alto.

Ma ci è andata di lusso.



"Sballiamoci"

X-Men: Days of Future Past è molto meglio di quello che ci aspettavamo. Un film con tantissimi personaggi che non risulta mai confusionario, indubbiamente corale nonostante la presenza di un Wolverine rimesso al centro degli eventi. La storia segue quanto avviato da Vaughn nel valido X-Men: First Class — i protagonisti assoluti restano Xavier e Magneto. Wolverine, mandato indietro nei pazzerelli '70s per scongiurare lo sterminio della razza mutante ad opera delle Sentinelle, deve riunire i due antichi amici nei panni inediti del mentore; una sorta di paciere perennemente incazzato, calato, un po' come succedeva nel primo X-Men, nell'ottica dello spettatore totalmente estraneo agli eventi. Il personaggio interpretato dall'infaticabile Hugh Jackman trova la sua dimensione più giusta.

Il team degli X-Men old school, comandato dal redivivo Xavier di Patrick Stewart e dal Magneto di Sir Ian McKellen, ritrova Tempesta, Kitty, Bobby e Colosso (più un cameo di Rogue) tra le sue fila, con l'aggiunta di Alfiere, Sunspot, Blink e Warpath — tutti impegnati contro le infallibili Sentinelle in una breve quanto riuscita sequenza d'azione, dove i mutanti impiegano i loro poteri in totale sinergia. Quando Xavier e co. capiscono di essere prossimi all'annientamento si giocano come ultima carta il buon vecchio Wolverine, la cui coscienza viene spedita indietro nel tempo all'interno della sua versione più giovane, proprio come succede a Kitty in Giorni di un Futuro Passato di Claremont e Byrne. Logan deve quindi rintracciare i giovani Erik e Charles, metterli al corrente della situazione e fermare il piano Sentinelle di Bolivar Trask (il tosto Peter Dinklage) prima che venga approvato dal governo americano, aggiustando così la linea temporale futura. Ad incasinare le cose ci pensa Mystica, decisa ad uccidere Trask in nome della libertà mutante e ignara che il suo gesto porterebbe all'approvazione di quel programma.



"If I could save time in a bottle"

Per riunire la coppia di fatto composta da Xavier e Magneto (Cherik sui vari Tumblr), Wolverine si avvale di un eccentrico alleato — Peter Maximoff aka Quicksilver, teenager ipercinetico perennemente annoiato, che dà prova dei suoi poteri mutanti in una sequenza tecnicamente impeccabile, seguito spirituale dell'attacco alla Casa Bianca di Nightcrawler all'inizio di X2. Ben realizzati anche gli effetti visivi nei momenti finali del film, in cui Magneto crea scompiglio a Washington con un enorme stadio fluttuante sotto gli occhi increduli di un buffissimo Richard Nixon. Insomma, il rischio di ricadere nei limiti di una regia poco efficace e anticlimatica è scongiurato e Singer riacquista un po' di punti persi per strada negli ultimi anni. Bravi tutti e viva Cherik.



"Poker di cazzi"

PS: dopo i titoli di coda c'è una breve sequenza che si collega al già confermatissimo X-Men: Apocalypse.



X-MEN: DAYS OF FUTURE PAST - Diretto da Bryan Singer; sceneggiatura di Simon Kinberg, storia di Simon Kinberg, Matthew Vaughn, Jane Goldman basata su "Days of Future Past" di Chris Claremont e John Byrne; fotografia: Newton Thomas Sigel; montaggio: John Ottman; musica: John Ottman; prodotto da Lauren Shuler Donner, Bryan Singer, Simon Kinberg, Hutch Parker; distribuito da 20th Century Fox

Durata: 131 minuti

Con: Hugh Jackman (Logan/Wolverine), Patrick Stewart (Charles Xavier/Professor X), Ian McKellen (Erik Lehnsherr/Magneto), James McAvoy (Charles Xavier/Proffesor X), Michael Fassbender (Erik Lehnsherr/Magneto), Jennifer Lawrence (Raven/Mystica), Peter Dinklage (Bolivar Trask), Nicholas Hoult (Hank/Bestia), Halle Berry (Ororo Munroe/Tempesta), Anna Paquin (Rogue), Shawn Ashmore (Bobby Drake/Uomo Ghiaccio), Ellen Page (Kitty Pryde), Daniel Cudmore (Piotr "Peter" Rasputin/Colosso), Omar Sy (Lucas Bishop/Alfiere), Booboo Stewart (James Proudstar/Warpath), Fan Bingbing (Clarice Ferguson/Blink), Adan Canto (Roberto Da Costa/Sunspot), Evan Peters (Peter Maximoff/Quicksilver), Lucas Till (Alex Summers/Havok) e Josh Helman (William Stryker)

25 luglio 2013

The Wolverine — Recensione

"Ho sentito che nell'altra sala hanno il pachinko di Devilman"

Commento lapidario su The Wolverine di James Mangold.

In pochissime parole: film che non riesce in nessun modo a riproporre la potenza narrativa della miniserie a fumetti su cui è basato.

Di sicuro non è quella porcheria di Origins e si lascia anche guardare senza il continuo impulso di cavarsi gli occhi. A causa di una storia priva di pathos, personaggi per nulla sviluppati, una regia che non osa mai e un terzo atto totalmente anticlimatico, l'ago della bilancia per The Wolverine pende a favore della nefandezza; e visto che siamo dei masochisti, uno sguardo alle premesse iniziali fa sì che il boccone da ingollare sia ancora più amaro.

Colpo di grazia: il minutaggio a schermo di qualsiasi ninja equivale a meno di due minuti — questo è veramente troppo.

Fin.



THE WOLVERINE — Diretto da James Mangold; sceneggiatura di Mark Bomback e Scott Frank basata su una storia di Chris Claremont e Frank Miller; fotografia: Ross Emery; montaggio: Michael McCusker; musica: Marco Beltrami; prodotto da Lauren Shuler Donner e Hutch Parker; distribuito da 20th Century Fox

Durata: 126 minuti

Con: Hugh Jackman (Logan/Wolverine), Tao Okamoto (Mariko Yashida), Rila Fukushima (Yukio), Hiroyuki Sanada (Shingen Yashida), Hal Yamanouchi, Ken Yamamura (Ichirō Yashida), Svetlana Khodchenkova (Dr. Green/Viper), Will Yun Lee (Kenuichio Harada), Brian Tee (Noburo Mori), Famke Janssen (Jean Grey)

5 giugno 2011

X-Men: First Class — Recensione

Siamo all'inizio degli anni '60, le radiazioni hanno cambiato la struttura genetica dell'essere umano, mutandolo in homo sapiens superior, il prossimo stadio dell'evoluzione.

Attenzione: la seguente recensione contiene spoiler.
Di qualunque sesso voi siate, non andate al cinema con il vostro partner: a fine proiezione lo lascerete perché non è Michael Fassbender.


X-Men - Since 1962

X-Men: First Class è un film ambiguo. Da un lato risente del poco tempo in cui è stato realizzato – particolare che si nota nel montaggio spesso frammentato, negli effetti speciali non sempre all'altezza e nella crescita appena abbozzata dei personaggi secondari – dall'altro ha il merito di essere una pellicola solida, ben recitata e con tematiche morali profonde. Va detto, però, che tutta la lavorazione è stata un parto, letteralmente. Poco più di nove mesi per girare, montare, aggiungere gli effetti speciali, le musiche e mettere incinta January Jones. Insomma, far funzionare le cose. Ma Matthew Vaughn e compagnia danzante hanno colto nel segno. Quasi sempre, almeno.

Nei primi venti minuti seguiamo le avventure di un freddo Erik Lehnsherr, cacciatore di nazisti, a metà strada tra il Bond di Sean Connery e Simon Wiesenthal. Il futuro Magneto è in cerca del dottore che lo ha privato della sua umanità nei campi di concentramento, colui che risponde al nome di Sebastian Shaw. Intanto, il ricco e loquace Charles Xavier si gode la vita all'università di Oxford, rimorchiando nei pub come farebbe Barney Stinson. Durante la sua festa di laurea viene approcciato dall'agente della CIA Moira MacTaggert e apprende che proprio Shaw vuole scatenare una guerra nucleare tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, così da annientare il genere umano. In sintesi, questo è il motore degli eventi che porta il tormentato Erik ad incontrare Charles. Quando ciò avviene è subito amore.


"Sai Charles, pensavo che forse dovremmo adottare un bambino"

Oltre ad essere ben scritti, i due futuri leader sono interpretati al meglio da James McAvoy e Michael Fassbender. Menzione speciale per quest'ultimo, che ha portato sullo schermo un personaggio così potente e carismatico da farci sperare che il film continuasse con il solo Erik Lehnsherr nazi-hunter giramondo, con tanto di itinerario animato in stile Indiana Jones. La ciliegina sulla torta è un Kevin Bacon in grande spolvero, totalmente a suo agio nei panni del villain di classe. Il resto del cast, formato dai giovani mutanti, è relegato ai momenti più soft e scanzonati e fa molto teen movie di metà pomeriggio, senza infastidire.

Secondo la finzione del film sono stati Xavier e co. a fermare la crisi dei missili di Cuba e proprio l'aver inserito le loro vicende in un contesto storico rende questo prequel diverso dagli altri film sui supereroi. Probabilmente, quando gli è stata data la prima sceneggiatura, Vaughn avrà detto Fanculo ai fumetti! Facciamo un film sulla guerra fredda con gli X-Men di contorno! ed in parte è ciò che ha fatto, per fortuna. Che poi le strizzatine all'universo mutante non mancano: dall'omaggio alle tute giallo-blu della prima formazione di Lee e Kirby, al divertente cameo di un certo tipaccio che vale più di un intero film a lui dedicato. Il regista si riallaccia ai toni già delineati da Bryan Singer nei pimi due x-movie, prendendosi meno sul serio ma creando comunque scene incisive e ben orchestrate come la tarantiniana sequenza del bar in Argentina e la resa dei conti tra Erik e Shaw con Charles collegato telepaticamente. Ad accompagnare il tutto, le potenti musiche di Henry Jackman (date un ascolto al tema di Magneto).

Questo X-men: First Class non ci fa gridare al capolavoro ma ha tutto ciò che serve per riportare il franchise mutante sul binario giusto. Piccolo rimpianto? Con qualche mese di lavorazione in più ed un budget meno ristretto, sarebbe stato un vero gioellino. Per questo confidiamo in un seguito di altissimo livello.

A dirla proprio tutta, ci basterebbe anche una commedia romantica con Erik e Charles.




X-MEN: FIRST CLASS — Diretto da Matthew Vaughn; sceneggiatura di Matthew Vaughn, Ashley Edward Miller, Zack Stentz e Jane Goldman, basata su una storia di Sheldon Turner e Bryan Singer; fotografia: John Mathieson; montaggio: Lee Smith e Eddie Hamilton; musica: Henry Jackman; scenografia: Chris Seagers; costumi: Sammy Sheldon; prodotto da Lauren Shuler Donner, Simon Kinberg, Gregory Goodman e Bryan Singer; distribuito da 20th Century Fox

Durata: 131 minuti

Con: James McAvoy (Charles Xavier), Michael Fassbender (Erik Lehnsherr), Kevin Bacon (Sebastian Shaw), Rose Byrne (Moira MacTaggert), January Jones (Emma Frost), Oliver Platt (MIB), Jennifer Lawrence (Raven/Mistica), Nicholas Hoult (Hank/Bestia), Zoe Kravitz (Angel Salvadore), Jason Flemyng (Azazel), Lucas Till (Alex Summers/Havok), Caleb Landry Jones (Sean Cassidy/Banshee), Alex Gonzalez (Janos Questad/Riptide) ed Edi Gathegi (Darwin)

15 dicembre 2010

X-Men (Konami, 1992) — Recensione


X-Men
Konami — 1992
XBLA, PSN
Beat 'em up
1-6 giocatori
800 MSP


X-Men Arcade Siamo lieti di annunciarvi che da oggi è possibile scaricare dal Marketplace Xbox, alla modica cifra di 800 MSP, X-Men di Konami, picchiaduro a scorrimento arcade del 1992.

Il porting ad opera di Backbone Entertainment resta fedele al titolo che esordì quasi vent'anni fa in sala giochi: grafica e colonna sonora sono rimaste invariate e solo il doppiaggio è stato rifatto da zero. Fortunatamente tutte le battute originali, incluse le celebri frasi assurde e sgrammaticate pronunciate da Magneto WELCOME TO DIE!, I KILL YOU X-CHICKEN! e I AM MAGNETO MASTER OF MAGNET! sono state preservate.

La storia è semplice: Ciclope, Wolverine, Tempesta, Colosso, Nightcrawler e Dazzler devono farsi strada attraverso sette livelli per salvare Kitty e il Professor X fino a scontrarsi col ghignante signore del magnetismo sull'Asteroide M. Gli eventi del picchiaduro si basano sull'episodio pilota Pryde of the X-Men del 1989, unico reperto di una serie animata mai realizzata a causa dei guai finanziari che ai tempi affliggevano la Marvel.


Una delle novità rispetto all'originale arcade sta nel poter scegliere tra la versione americana e quella giapponese di X-Men: nella seconda sono presenti i classici power-up da raccogliere, finalizzati a ricaricare la barra di energia e ad un utilizzo più libero del Mutant Power, la cosiddetta MOSSA SPECIALE. In modalità online si possono creare stanze pubbliche o private, selezionare il tipo di partita in cui cimentarsi in base alla difficoltà e alla versione del gioco (U.S.A. o JAP), oppure buttarsi nel primo game disponibile. Supportando la console Microsoft solo quattro controller, il co-op locale massimo è di 4 giocatori, quindi l'unico modo per ricreare l'esperienza a 6 del glorioso cabinato Konami è giocare in rete.



Master Mold attacca e Dazzler osserva il panorama

Detto ciò, la domanda nasce spontanea: X-Men è solo un'operazione nostalgica per i vecchi fan della versione arcade o può essere apprezzato anche da chi non l'ha mai giocato? Noi crediamo possa accontentare entrambe le categorie. Certo è che giocarlo in singolo non avrebbe molto senso (come non aveva senso nel 1992) e che le tante ore di divertimento che il titolo regala quando giocato in multiplayer sono l'unico, vero motivo per acquistare questo classico.

PS: il gioco debutterà anche su PSN dal prossimo febbraio.

29 novembre 2009

Old Man Logan — Recensione

Attenzione: a chi non legge in originale e sta seguendo Old Man Logan sulle pubblicazioni Panini, consigliamo di rimandare ai prossimi mesi la lettura di questa recensione.


Mark Millar ci porta cinquant'anni nel futuro, in un mondo senza eroi, privo di Capitan America, Vendicatori, X-Men, F4; tutti uccisi in una guerra lampo scatenata dai maggiori super cattivi Marvel, inferiori per forza ma superiori per numero e organizzazione.

Wolverine, l'uomo più pericoloso del mondo, non esiste più, devastato da un terribile evento accadutogli all'inizio della succitata guerra. Resta solo Logan, contadino segnato dagli eventi e accigliato come Clint Eastwood che conduce una vita tranquilla e totalmente pacifica nella sua fattoria di Sacramento insieme alla moglie Maureen (ovviamente rossa di capelli) e ai figli Scottie (diavolo di un Millar) e Jade. Il terreno sul quale hanno edificato la loro casa e la California tutta vengono ora chiamate "Hulkland" e sono in mano a un Bruce Banner pazzo e incestuoso e alla sua forzuta progenie, una banda di redneck zotici e verdi di raggi gamma che riscuote ogni mese il pizzo agli inermi cittadini, famiglia Logan compresa. Pena per il mancato pagamento: venire ingurgitati vivi, nel migliore dei casi.

Pur disprezzando visceralmente i Banner, Logan decide di accettare passivamente i loro soprusi — quando non può pagare la tassa mensile, si fa pestare a sangue dagli Hulk davanti alla famiglia promettendo di trovare i soldi e rimediare all'inadempienza versando loro il doppio della somma. Fortunatamente un vecchio amico bussa alla sua porta: Clint Barton, vispo ultraottantenne reso cieco dal glaucoma, ha bisogno dei sensi ancora acuti dell'artigliato per intraprendere un viaggio attraverso il Paese e consegnare un pacco molto speciale. La ricompensa per il lavoretto è alta, a Logan servono i soldi quanto a Millar serve una scusa per raccontare il suo road movie colmo di eccentriche trovate. Così il vecchio canadese accetta e i due partono a bordo della tamarrissima Spider-Mobile.


Dopo aver dato uno scopo ai personaggi coinvolti, Millar entra nel vivo della narrazione raccontandoci un futuro post-apocalittico ricco di infiniti spunti, come fatto da George Miller nei suoi Mad Max — Logan si sposta tra lande desolate e città assediate, sopravvivendo alla minaccia sotterranea degli Uomini Talpa, alla banda del nuovo Kingpin e alla figlia ambiziosa di Barton, a un T-rex della Terra Selvaggia fuso col simbionte alieno che dava origine a Venom, per arrivare allo scontro finale col folle Hulk.

Proprio come nei film di Miller, un universo narrativo potenzialmente enorme, illustrato nei minimi particolari dalle matite di Steve McNiven (già in tandem con lo scrittore scozzese su Civil War) e proprio come Max Rockatansky, Logan si ritrova coinvolto in situazioni assurde e pericolose dal quale non può tirarsi indietro per un senso di giustizia dissepolto misto a puro istinto di autoconservazione; un viaggio di morte e rinascita.

Old Man Logan è l'adrenalica storia di uomo sconfitto in un mondo sconfitto, che arriva alla sua redenzione attraverso città distrutte, corpi squartati e tanta, sana baldoria; perfetto per essere adattato e portato al cinema.

UDPATE: di seguito le informazioni per le pubblicazioni italiane dell'opera.



OLD MAN LOGAN
di Mark Millar, Steve McNiven

Pubblicato su:
Wolverine #231-237, #242 (2009-2010)

Supereroi - Le Grandi Saghe #76 Wolverine: Vecchio Logan (2010)

100% Marvel Best #43 Wolverine: Vecchio Logan (2012)

27 aprile 2009

X-Men Origins: Wolverine — Recensione

Siamo onesti: X-Men Origins: Wolverine è un film particolarmente brutto.



"Ahr! Lo sbarco in Normandia non è la stessa cosa senza un buon Ramon Allones"

Sul serio. E dire che parte anche benone: la sequenza dei titoli di testa forse è l'unica cosa veramente buona e ispirata dell'intera pellicola. Purtroppo il regista Gavin Hood, che vanta un passato nel cinema action, dimostra di non essere il migliore in quello che fa quando si tratta di gestire un progetto ad alto budget. Quasi nulla si salva di questo X-Men Origins: Wolverine e persino il momento cool guys don't look at explosions risulta imbarazzante. Segue qualche piccolo spoiler e tanta, tanta amarezza.



"Sono il migliore con spazzola e fono"

D'accordo, abbiamo una pellicola moscia e poco ispirata ma almeno la narrazione, l'interazione tra i personaggi, funziona, no? NO. Tutta la storia di questo film di origini è permeata da grossi buchi narrativi e da idee totalmente prive di logica che stridono con gli eventi dei precedenti X-Men prodotti da Fox. Una su tutte: la pallottola di adamantio che fa perdere la memoria (dopo la visione del film ne avremmo gradita una dritta in fronte anche noi), qui introdotta per giustificare i ricordi sconnessi del povero canadese. Per non parlare di com'è orchestrato il momento cardine nella vita dell'artigliato, la svolta, l'esperimento che in Weapon X di Barry Windsor-Smith ha portato Logan allo stato di animale furioso e dilaniato nell'anima, che lo ha fatto a pezzi, tubi, divaricatori, metallo fuso, orsi decapitati, urla, budella ovunque, qui è tirata via in tre minuti e ha lo stesso pathos di uno spot delle assicurazioni. Roba che i brevissimi flashback nei primi due film di Singer sono dieci spanne sopra in quanto ad intensità e, nonostante ci troviamo sempre di fronte a un prodotto PG-13, in quelle scene viene mostrato del sangue; elemento pressoché assente in questo film. Leggete il tutto come un enorme campanello d'allarme per intuire il tono della pellicola ed il target di riferimento.



"O Canada, fuck yeah!"

Passiamo agli attori: insieme al solito Hugh Jackman, quasi commovente nel cercare di mantenere una certa credibilità, si comporta benissimo Liev Schreiber nei panni del fratellone sociopatico Victor (aka Sabretooth), che in fondo cerca solo un po' di considerazione. Totalmente stravolta e banalizzata la storia d'amore tra Logan e Silver Fox, interpretata da una confusa Lynn Collins, costretta a recitare dialoghi da soap opera. Parecchio anonimo lo Stryker di Danny Huston, non all'altezza del carismatico Brian Cox con il quale condivide il personaggio, mentre si becca un non classificato il Deadpool di Ryan Reynolds (e Scott Adkins negli stunt), qui un'accozzaglia di differenti poteri mutanti rappresentati male. Il resto del cast è un mix di Black Eyed Peas, Lost e becero fanservice. Se poi consideriamo che il film è costato ben 150 milioni di dollari anche la CGI risulta imbarazzante.



"Io sono il cattivo perché giro col trench"

Il film di Hood sta comunque avendo un discreto successo al botteghino, aprendo la strada a un sicuro sequel che, stando alla scena post-titoli di coda, sarà basato sulla miniserie Wolverine di Chris Claremont e Frank Miller, la famosa saga giapponese con la Mano e i suoi goffi ninja e la storia d'amore impossibile tra Logan e Mariko Yashida (consigliamo alla Fox di risparmiare sugli sceneggiatori, prendere i dialoghi così come sono scritti sulle pagine del fumetto e farli imparare agli attori). Per chiudere, il grande crimine di questo X-Men Origins: Wolverine sta nella sua totale incapacità di saper raccontare una storia coinvolgente, fallendo in tutti i reparti; una pellicola vuota, tirata via, che ha il malsano potere di farci rimpiangere X-Men: The Last Stand, anni luce da quella qualità raggiunta con X2. Insomma, se qualcuno ci chiedesse cosa c'è del personaggio creato nel 1974 da Len Wein, Herb Trimpe e John Romita in questa produzione, risponderemmo con un sorriso malinconico e scompariremmo nel buio.

Nel frattempo ci piace ricordarlo così.



"X-Men" (2000) di Bryan Singer


X-MEN ORIGINS: WOLVERINE — Diretto da Gavin Hood; sceneggiatura di David Benioff, Skip Woods; fotografia di Donald McAlpine; montaggio di Nicolas De Toth, Megan Gill; musica di Harry Gregson-Williams; scenografia di Barry Robison; costumi di Louise Mingenbach; prodotto da Hugh Jackman, John Palermo, Lauren Shuler-Donner, Ralph Winter; distribuito da 20th Century Fox

Durata: 107 minuti

Con: Hugh Jackman (Logan/Wolverine), Liev Shreiber (Victor/Sabretooth), Danny Huston (William Stryker), Lynn Collins (Kayla Silverfox), Ryan Reynolds (Wade Wilson/Deadpool), Dominic Monaghan (Chris Bradley/Bolt), Kevin Durand (Fred Dukes/Blob), Taylor Kitsch (Remy LeBeau/Gambit), Will.i.am (John Wraith), Daniel Henney (Agent Zero), Max Cullen (Travis Hudson), Julia Blake (Heather Hudson), Tim Pocock (Scott Summers), Tahyna Tozzi (Emma), Aaron Jeffery (Thomas Logan), Alice Parkinson (Elizabeth Howlett), Peter O'Brien (John Howlett), Patrick Stewart (Charles Xavier/Professor X)

12 gennaio 2007

X-Men (SEGA, 1993) — Recensione

X-Men
SEGA — 1993
Mega Drive/Genesis
Azione
1 o 2 Giocatori

X-Men (SEGA, 1993) Cover Art Primi anni '90. Gli X-Men sono al top delle vendite, viene lanciata sul mercato una nuova testata che fa dei numeri assurdi, ancora imbattuti.

Sull'onda del successo viene realizzato ogni tipo di prodotto per l'intrattenimento a tema mutante, dai cartoni animati ai videogiochi. Tra questi ultimi c'è X-Men, action sviluppato in esclusiva per la console a 16-bit SEGA, a voler ribadire che Genesis does what Nintendon't.

La storia in breve: un potente virus esterno ha infettato il computer della Stanza del Pericolo e gli X-Men si ritrovano a combattere ologrammi realmente letali. Spetta a Ciclope, Wolverine, Gambit e Nightcrawler debellare il virus e scoprire chi si cela dietro questo attacco. Spoiler: ovviamente Magneto.

Nei sette livelli che compongono X-Men dovrete cercare interruttori nascosti e passaggi segreti, combattendo villain di prim'ordine come Apocalisse, Deathbird, le Sentinelle, Sabretooth, Sauron e un ridicolmente sproporzionato Fenomeno. A rendere l'avventura più interessante è la possibilità di poter scambiare i quattro X-Men a seconda della necessità e della vostra strategia; usando Ciclope, Gambit e Wolverine terminerete i livelli nella maniera più classica mentre il caro elfo blu, con i suoi poteri di teleporta, vi faciliterà il compito superando barriere e ostacoli in un batter d'occhio. Se in difficoltà potrete evocare Tempesta, l'Uomo Ghiaccio, Arcangelo, Rogue o Jean Grey, sfruttandone le differenti caratteristiche.


X-Men (SEGA, 1993) Presst Start

I livelli non sono altro che delle simulazioni della Stanza del Pericolo e spaziano dalla Terra Selvaggia all'impero Shi'ar, dal faro di Excalibur al mondo post apocalittico di Giorni di un futuro passato fino allo scontro nel mondo "reale" con Magneto sul classicissimo Asteroide M. Dei sette mondi da superare il Mojoverse è quello più memorabile e infame: una volta terminato il livello vi sarà chiesto di resettare il computer della Stanza del Pericolo senza specificarne il modo; a quel punto dovrete riavviare letteralmente la console, stando attenti a non premere il pulsante di reset un secondo di troppo per non mandare in fumo tutta la partita. Un'interazione fisica con la macchina da gioco ben prima dello Psycho Manthis di Metal Gear Solid su PlayStation.


X-Men (SEGA, 1993) Magneto

Giudizio finale: X-Men ha evidenti difetti – una difficoltà tutt'altro che equilibrata su tutti — che non lo posizionano sicuramente tra i migliori action game del periodo d'oro delle console casalinghe; rimane però un titolo valido, apprezzabile sia dai fan dei mutanti che da qualsiasi amante del genere platform. In più è facilmente reperibile sui eBay a un prezzo esiguo. Se interessati vi lasciamo un video con tutte le fasi di gioco.